Tra polemiche, inchieste e anni di ritardo, qualche giorno fa sono state azionate le prime quattro paratoie del Mose (Modulo Sperimentale Elettromeccanico), il sistema di dighe mobili, progettato per salvare la città e la laguna dalle acque alte.
Venezia è una delle città più amate del mondo, come dimostra la costante crescita delle presenze turistiche, determinata anche dalla moltiplicazione negli ultimi anni di vettori che offrono voli economici per la città lagunare. Si sa anche, però, che la bellezza di Venezia è pari solo alla fragilità del suo delicato ecosistema lagunare, minacciato in primo luogo dal problema delle alte maree, che sempre più spesso – soprattutto negli ultimi due decenni – hanno messo in ginocchio la città. Il sistema di dighe “Mose” dovrebbe risolvere definitivamente il problema.

Una (quasi) inaugurazione
Come dicevamo, qualche giorno fa, alla presenza delle autorità nazionali e locali, sono state azionate con successo le prime quattro paratoie mobili poste alle bocche di porto ( i varchi che collegano la laguna con il mare), che avranno il compito di isolare temporaneamente la laguna veneziana dal Mare Adriatico, durante gli eventi di alta marea. “Venezia Nuova”, il consorzio di aziende incaricato della realizzazione dell’infrastruttura, ha dichiarato che l’80% dell’opera è stato ormai completato e che la fine dei lavori è prevista tra poco più di due anni.
Le critiche al progetto e il fronte “No Mose”
Fin dalle sue origini il progetto del Mose è stato al centro di polemiche ed ha incontrato feroci critiche da parte di ambientalisti, parte della popolazione locale e alcuni partiti politici. Il variegato fronte del “No Mose” contesta i costi di realizzazione, gestione e manutenzione dell’opera sostenuti dallo Stato italiano, molto più elevati rispetto ad altri sistemi simili costruiti in Olanda e in Inghilterra e il fatto che il consorzio incaricato della sua realizzazione sarà responsabile del suo funzionamento solo per i primi 3 anni, dopo i quali le ingenti spese di manutenzione graveranno esclusivamente sulle spalle degli enti locali (Regione, Provincia e Comune). Tuttavia la preoccupazione principale degli oppositori è legata all’impatto ambientale che l’opera avrebbe sull’equilibrio idrogeologico della laguna (le bocche del porto saranno interessate da una complessa attività di livellamento del fondale) e alcune criticità strutturali ( si sostiene, ad esempio, la sua inefficacia a fronteggiare il previsto aumento del livello del mare).

Una storia travaglia e tutta italiana
Era il lontano 1985 quando il governo Craxi annunciò l’avvio del progetto Mose, assicurando che il futuristico sistema di dighe mobili sarebbe entrato in funzione nel 2000. Le cose, come spesso accade nelle vicende italiane legate alla realizzazione di grandi opere pubbliche, sono andate diversamente: il progetto definitivo dell’opera è stato approvato soltanto nel 2002 e i lavori sono partiti l’anno dopo, mentre i costi di realizzazione sono lievitati dagli iniziali 3200 miliardi di lire, preventivati nel 1989, agli attuali 5,6 milioni di euro (11 miliardi delle vecchie lire). Come se non bastasse, numerose inchieste hanno appurato gravi casi di corruzione e di infiltrazione della criminalità organizzata intorno agli appalti dei lavori; scandali che hanno coinvolto alcuni dirigenti delle aziende più importanti del consorzio, tra cui lo stesso progettista dell’opera. La speranza, adesso, è che venga rispettata la scadenza del 2017 come termine per il completamento e la messa in funzione delle dighe, senza ulteriori scandali e spesa di denaro pubblico.
Cosa ne pensate della vicenda Mose? Secondo voi snaturerà il paesaggio della laguna o quest’opera tecnologicamente all’avanguardia diventerà essa stessa un’altra delle tante attrazioni di Venezia? Fateci sapere la vostra opinione.