Angelo è un giovane toscano, autore del blog Exploremore e di guide di viaggio. Quattro anni fa è partito alla volta dell’Australia ed adesso si trova in Asia, da dove intende raggiungere l’Italia, viaggiando quanto più possibile via terra. Dalla Cina, dove si trova attualmente, ci racconta dei Paesi visitati e delle esperienze vissute finora in questo lungo viaggio, ancora lontano dall’essere concluso.
1. Buongiorno Angelo. Innanzitutto: quando e come è nata l’idea di questo lungo viaggio?
L’idea di questo viaggio non è mai nata, in realtà. Quando ho deciso di partire il mio piano iniziale era quello di passare 6 mesi in Australia, lavorando e viaggiando con i soldi che avrei guadagnato. Il lavoro è arrivato subito, anche se era lontano dall’essere quello ideale, ma dopo i primi 6 mesi non me la sentivo ancora di tornare, così decisi di concludere l’anno.
Finito l’anno sentivo di voler proseguire, ma avendo pochi soldi in tasca avevo bisogno di una destinazione in cui potessi guadagnare qualcosa. La Nuova Zelanda era vicina e offriva questa possibilità con il visto Working Holiday, così sono ripartito, dandomi ancora una volta non più di 6 mesi. Alla fine mi sono fermato per 2 anni. Alla conclusione dei due anni era il momento di tornare, ma ho pensato fosse una buona idea farlo in grande: attraversando l’Asia via terra. Questa era una buona occasione, così sono volato in Timor Est con l’intenzione di arrivare in Italia senza volare. Non ha esattamente funzionato, sono finito per volare più volte, ma per rispondere alla tua domanda posso dire che di rado c’è stata un’idea o un piano preciso a gestire il mio viaggio. Ho preso le cose come venivano e mi sono trovato dove sono oggi.
2. Perché la scelta di viaggiare solo?
Partire da solo è stato un modo per sfidare me stesso. L’unico obiettivo della partenza iniziale, per l’Australia, era quello di misurarmi e capire quali fossero i miei limiti, e l’unico modo per farlo al meglio credevo fosse con l’assenza di ogni tipo di appoggio o sicurezza. Viaggiare da soli credo sia un’esperienza che tutti dovrebbero provare, anche se spesso non è chiaro che viaggiare da soli non significa essere soli. Nonostante abbia speso alcuni mesi in solitudine, quasi mai mi sono trovato a viaggiare veramente da solo e per questo non posso dire di essermene mai pentito o averne sofferto. In viaggio, se vuoi, è facile conoscere persone nuove e stringere amicizie, così ho finito per muovermi spesso con altre persone, a volte per periodi brevi, a volte per periodi lunghi. Oggi comunque non sono più solo, viaggio con la mia ragazza che ho conosciuto in Nuova Zelanda.
3. Come fai per mantenerti nei Paesi che visiti? Risparmi pregressi o lavori sul posto?
Entrambe. Quando sono partito avevo in tasca una cifra intorno ai 3.500 €, ma senza un biglietto di ritorno che ne sarebbe costati quasi un migliaio nel caso in cui ne avessi avuto bisogno. Quelli erano risparmi messi insieme lavorando negli 8 mesi prima della partenza, ma per fortuna non ne ho avuto bisogno, trovando lavoro subito. Nei miei 3 anni in Oceania mi sono mosso così, alternando lavoro al viaggio, e con i risparmi dell’ultimo anno in Nuova Zelanda sono partito per l’Asia.
Durante questo periodo però ho sempre continuato a lavorare nel tempo libero sul progetto Exploremore, che seppure sia ancora lontano dall’essere finito, ha cominciato a produrre qualche frutto. Non posso dire quindi di aver lavorato in Asia, ma più di aver lavorato dall’Asia, via internet. Grazie al blog riesco a vendere le mie guide, collaborare saltuariamente con altri siti, e in più scrivo recensioni per un sito di viaggi. I guadagni non sono molti e sempre incerti, ma essendo il costo della vita molto basso in questa parte di mondo, sono riuscito a rientrarci quasi sempre.
4. La prima tappa del tuo viaggio è stata l’Oceania, dove hai vissuto per circa tre anni. Puoi parlarci della tua esperienza di vita in Australia e Nuova Zelanda?
In Australia e Nuova Zelanda, nonostante le molte similitudini, ho avuto esperienze molto diverse, probabilmente a causa dell’esperienza acquisita viaggiando. L’Australia è stata la mia prima esperienza all’estero di questo tipo e ho cercato di usare il mio tempo a disposizione per viaggiare il più possibile. In Nuova Zelanda invece mi sono stabilizzato di più e ho piantato più radici, soprattutto nel secondo anno. La qualità della vita è molto alta in entrambi i paesi ma una differenza essenziale è che in Australia si guadagna molto di più. In Nuova Zelanda non avevo molti fondi a disposizione, quindi ho girato i primi due mesi in autostop e con passaggi trovati su internet. Ho cominciato poi a cercare un posto in cui stabilirmi, scegliendo inizialmente Christchurch, ma a causa del terremoto mi sono spostato.
Auckland non mi aveva convinto, così ho finito per stabilirmi a Wellington per quasi un anno e mezzo. In questo periodo ho cominciato a lavorare sulle guide, prima quella al Working Holiday in Australia e dopo quella sulla Nuova Zelanda, mettendo insieme tutti i dati, le informazioni e gli appunti che avevo raccolto con questo scopo negli anni precedenti. Entrambe le destinazioni valgono il viaggio per motivi diversi, l’Australia è probabilmente più facile per chi è alla prima esperienza e offre più opportunità, ma la Nuova Zelanda rimane ancora una realtà piccola e forse per questo meno battuta e a misura d’uomo.
5. Nei successivi 10 mesi hai invece attraversato numerosi Paesi del Sud-Est asiatico. Quali impressioni hai ricavato da ciascuno di essi?
La prima tappa è stata il Timor Est. In questo paese non esiste turismo, c’è solo una strada malridotta e la guerra è finita solo pochi anni fa. Ci sono andato perché sentivo che era uno dei pochi luoghi ancora da scoprire, e così è stato. Nonostante le difficoltà nel muoversi, le persone mi hanno spesso aiutato, invitato in casa, offerto da mangiare. Succede di rado altrove.
E’ seguita l’Indonesia della quale non ho avuto una bella impressione inizialmente, forse proprio per la mancata ospitalità che avevo trovato in Timor Est. Il seguito è stato di alti e bassi, principalmente perché l’Indonesia è troppo grande per essere attraversata in due mesi. Ho un bel ricordo della natura di Sumatra e della città di Yogyakarta, mentre l’opposto vale per Bali e parti di Java. Dopo c’è stata la Malesia, che conoscevo già in parte. Qui ho preso il mio primo volo per Kota Kinabalu, nel Borneo, che ho trovato incredibilmente moderno, con città vivibili e organizzate. Non quello che ci si aspetterebbe dal Borneo eh? La natura offre la possibilità di vedere alcuni degli animali più rari al mondo, ma questa è circoscritta ai National Park, il resto delle foreste è stato raso al suolo per essere trasformato in piantagioni di olio di palma.
Ho passato alcuni giorni in Brunei, il paese del Sud Est asiatico con la più pesante impronta islamica. L’ho trovato come una Singapore addormentata, in cui nessun vizio è legale e tutto chiude alle 8. Buffo però. La Thailandia la conoscevo già sotto il punto di vista turistico essendoci stato 3 volte in passato, ma mi interessava fermarmi per capire come ci si sente a viverci. Così ho affittato un appartamento a Chiang Mai e ho condotto una vita semi-regolare per un mese. È stata una bella esperienza ed una pausa necessaria dopo 6 mesi di viaggio, mi ha permesso di vedere la città sotto una luce nuova, di recuperare con il lavoro sul blog e di prendere in considerazione di tornarci un giorno, magari a lungo termine.
In un buco di due settimane ho deciso senza programmare di fare un giro in Laos. Ho visitato alcuni punti del nord rimanendo impressionanto dal senso di calma di questi luoghi e lasciando la promessa di tornarci in futuro. Infine la Birmania, dalla quale non sapevo cosa aspettarmi. Anche qui ho dovuto volare essendo chiuso il confine terrestre (oggi è aperto), e fin dall’arrivo a Yangon l’ho trovato un luogo molto ospitale, in cui si mangia bene, ci sono tante storie da ascoltare e c’è un grande cambiamento in corso. È difficile sintetizzare così tanti mesi di viaggio in poche righe, ma ci ho provato!
6. Dopo il Sud-Est hai raggiunto l’India, dove hai trascorso 5 mesi. Che idea ti sei fatto di questo immenso Paese?
Il primo impatto con l’India è sempre forte e arrivare a Calcutta non ha contribuito ad alleggerirne il peso. Arrivando ci si trova di fronte all’eccesso assoluto: troppe persone, troppa spazzatura, troppi clacson, troppo rumore, troppo caos, troppa burocrazia, troppe fregature. Troppo tutto. Poi si comincia ad abituarsi e guardare oltre, ma per questo ci vuole tempo. Dell’India ho capito una cosa sola: domani non esiste. Nonostante niente funzioni come dovrebbe, nessuno si arrabbia, nessuno litiga, nessuno si lamenta. Quello che conta è stare bene oggi e delle conseguenze non vale la pena preoccuparsi. È una mentalità che va accettata, senza cercarne il senso, perché il senso in India non si trova da nessuna parte. Le cose sono come sono e così vanno prese.
Io ho speso la maggior parte del mio tempo nel nord, dove mi è piaciuto in particolare il nord-est, dal West Bengal, all’Assam al Meghalaya. Dopo sono passato al percorso più classico che passa da tappe battute come Bodhgaya, Varanasi, Rishikesh e Delhi. Ho passato una decina di giorni nella comunità tibetana di McLeod Ganj, dove vive il Dalai Lama, ho preso lezioni di Sitar a Varanasi e poi ho fatto un giro in Rajasthan che non so se rifarei.
7. Dall’India al Nepal: il Paese che ospita la famosa catena hymalayana è ancora un angolo di pace o il turismo di massa sta trasformando anche questo luogo?
Il Nepal credo sia stato il punto più alto del viaggio fino ad oggi. Sogno da anni di camminare sull’Himalaya e finalmente ci sono riuscito. Il turismo c’è e a buona ragione: non c’è altro luogo al mondo in cui è così facile caricarsi un zaino sulle spalle e partire per settimane di cammino in un ambiente del genere. Allo stesso tempo se le masse di turisti si vogliono evitare è abbastanza facile farlo. Un esempio è proprio il trekking sull’Everest: il 90% delle persone cammina da Lukla al campo base e torna indietro. Basta partire da Jiri per avere una settimana di cammino in cui le persone che si incrociano si contano sulle dita, e anche arrivando a Lukla ci sono almeno due deviazioni possibili che relativamente poche persone fanno.
Io non mi sono sentito oppresso dal turismo, neanche sul Circuito dell’Annapurna, che è percorso da migliaia di persone ogni anno. Ho avuto momenti di pace e momenti in cui mi ha fatto piacere conoscere altre persone come me. Siamo tutti turisti in fondo, no? Nonostante la mia esperienza positiva ci sono alcuni aspetti del Nepal che il turismo ha scolpito forse in maniera eccessiva, ma in parte è normale che questo avvenga ed è difficile esserne contrari essendo parte proprio della causa che provoca questo cambiamento.
8. Hai da poco raggiunto la Cina. Com’è stato l’impatto con l’Impero di Mezzo? Quali sono le tue impressioni?
Stranissimo. Sono in Cina da pochi giorni e mi sto divertendo parecchio. Arrivando da India e Nepal, trovo la Cina pulita, efficiente, organizzata. Ma nessuno parla inglese e anche solo uscire a mangiare è una scommessa. La barriera linguista crea delle situazioni tragicomiche, ma trovo i cinesi molto gentili e inoffensivi. Sono nello Yunnan per ora, che probabilmente sarà diverso dal resto della Cina, ma la prima impressione è positiva. Anche la cosa più semplice è difficile da prevedere, ogni giorno è un’avventura. L’unica pecca sono i costi di alloggio e trasporti che sono quadruplicati rispetto a dove mi trovavo prima, ma così è anche la qualità dei servizi.
9. Immaginiamo che durante un viaggio così lungo tu abbia vissuto parecchie avventure. Ce n’è qualcuna in particolare che vuoi raccontarci?
Non saprei da dove cominciare. Sparo un elenco di cose che mi vengono in mente: in Australia mi hanno rubato tutti i vestiti mentre mi dirigevo nel deserto e ho viaggiato tre mesi con un sacchetto del supermercato; poi ho investito un canguro guidando durante la notte (non fatelo a casa); in Nuova Zelanda mi sono trovato a lavorare in un gay bar; in India ho partecipato a un corso di meditazione in cui sono stato chiuso in un centro per 10 giorni di silenzio; in Vietnam mi fu offerta della “cioccolata vietnamita” che poi scoprii essere fatta di cacca di non so quale animale; a Fraser Island mi sono trovato a campeggiare in una foresta piena di dingo che non hanno smesso di annusare la tenda per tutta la notte. Tante cose del genere, queste sono le prime che mi vengono in mente (e che possono essere rese pubbliche).
10. Dopo la tappa cinese comincerà il tuo lungo viaggio di ritorno, via terra, verso l’Italia. Perché una scelta del genere, in un’epoca in cui basta prendere un aereo per tornare immediatamente a casa?
La risposta è semplice: viaggiare via terra ti dà la dimensione del luogo che visiti, e non parlo solo di dimensione fisica. Quante più persone si incrociano, quante più foto si possono scattare, quanti cibi diversi si possono provare, quante lingue si possono sentire, attraversando un continente via terra? L’aereo è una grande comodità per chi non ha tempo, ma per chi, come me, il tempo ce l’ha, non vedo il senso di perdersi tutto quello che sta tra il punto A e il punto B. Se viaggiassimo per arrivare non lo chiameremmo viaggiare, non credi?
Qual è, secondo voi, il Paese più bello tra quelli visitati da Angelo?
Foto: Angelo di Exploremore
Grazie per il tuo commento, per averci fornito ulteriori informazioni sui quei luoghi ed averci esposto il tuo punto di vista, che dimostra una volta di più come non ci sia nulla più soggettivo delle impressioni e preferenze di un viaggiatore.
Credo che tutti i paesi visitati da Angelo nascondano tante bellezze. Personalmente mi stupisco che non sia piaciuta molto l’Indonesia, io ne ho un ricordo bellissimo. Soprattutto di Java e Bali. Forse perché fu il mio primo viaggio sola in Oriente quindi pieno di significato. O forse perché era all’indomani degli attentati terroristici e quindi c’erano pochissimi turisti. L’alba all’altopiano di Dieng ed il tramonto al tempio di Borobudur a Java rimangono per me momenti di viaggio eccezionali. Così come le cerimonie induiste a Bali e i tre laghi colorati di Flores. Della Cina, dove ho vissuto 3 anni, resto affezionata soprattutto al Sichuan probabilmente perché meno turistico e con parchi eccezionali. Belle e diversissime le tre città simbolo Shanghai, Pechino ed Hong Kong.Angelo continuerà sicuramente a ridere in Cina!