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Il Magazine del viaggiatore
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Patrimoni da preservare o almeno così dovrebbe essere. La situazione attuale, però, è alquanto diversa, con alcune importanti testimonianze del passato, lontano e vicino, che stanno lentamente scomparendo. A poco servono riconoscimenti come “nuova meraviglia del mondo” o “patrimonio dell’umanità”, se a ciò non corrisponde una presa di coscienza ed una tutela concreta.

Le rovine di Pompei

Si parla molto dello stato in cui verte questo patrimonio mondiale, si fa troppo poco per tutelarlo. Un piano varato dalla UE nel marzo scorso prevedeva lo stanziamento di fondi per preservare l’area archeologica: intanto, un altro muro è crollato e la situazione appare tragica. Poi l’annuncio: i 105 milioni previsti dal piano straordinario di recupero ci sono, una manovra che prevede il dispiego di 20 nuovi tecnici, addetti a preservare la sicurezza del sito.

In tutto ciò, la Regione Campania latita: 808 sono i milioni di Euro che la UE aveva stanziato all’Italia come “Fondo per gli attrattori culturali”, tra cui, appunto, i siti archeologici. Una manovra al cui capo c’era la medesima regione, addetta al coordinamento dei progetti nostrani, eppure distintasi per un immobilismo che non trova spiegazioni plausibili. Ora, con i fondi a disposizione, ed una sinergia di forze in campo, si spera in repentina quanto efficace presa di posizione, prima che l’intero sito rovini su se stesso.

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La caduta del muro

La Grande Muraglia Cinese, la cui costruzione ha richiesto più di un millennio e mezzo (le prime pietre sono state poste nel 3° secolo aC, poi terminato durante la dinastia Ming), si sta lentamente sgretolando. Il muro è tappa di viaggio di circa 10 milioni di turisti l’anno, che portano ai suoi piedi tonnellate di spazzatura, lo “personalizzano” con numerosi graffiti ed è preda del vandalismo insensato di alcuni viaggiatori scriteriati.

Certo, non è solo il turismo di massa ad influire negativamente sullo stato del muro, un’imponente costruzione che si estende per 5000-6500km eppure poco tutelata. A poco sono servite le politiche del 2006, che vietavano, ad esempio di edificare o piantare alberi nei pressi del muro: le estrazioni minerarie del 2009 hanno provocato un crollo di un centinaio di metri della struttura.Ma i casi si sprecano, come nel distretto di Laiyuan, a Sud di Pechino, una zona che ha registrato il cedimento di 700 metri della principale attrazione della Cina, stesso problema in Mongolia.

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Crollo annunciato del Taj Mahal

A quanto pare, la causa è da attribuire alla Yamuna, il corso d’acqua che scorre nelle vicinanze, il cui crescente livello starebbe mettendo a repentaglio la solidità delle fondamenta in legno, che pian piano stanno marcendo. I segni di cedimento, del resto, già ci sono. La deforestazione, l’inquinamento e la crescente industrializzazione completano un quadro non proprio roseo.

La situazione è critica e lo si evince dalle parole di Ramshankar Katheria, supervisore della campagna di conservazione del monumento: “Se la crisi non viene affrontata immediatamente, aspettiamoci un crollo del Taj Mahal entro i prossimi 2-5 anni“.

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Venezia sta sprofondando

Gli studi non lasciano scampo alla città lagunare: pare che ogni anno, la Serenissima sprofondi di qualche millimetro, rendendo davvero impossibile spostarsi per il centro in caso di acqua alta. Ma i problemi di Venezia sono davvero tanti, a cominciare da una politica che non tutela affatto la città, volta a farne un centro turistico per le genti di tutto il mondo ed intanto, i veneziani, quelli veri, la abbandonano in massa.

Proprio così: stando alle previsioni più rosee, Venezia si trasformerà nei prossimi 30 anni in una città fantasma, terra sempre più cara, inavvicinabile per le giovani coppie, costrette di fatto ad andare a vivere nelle vicine Mestre, Carpenedo, Marghera. Cosa ne sarà, quindi, della città lagunare? La forte richiesta di seconde case nel centro città tiene alti i prezzi ed avvia, di fatto, una lottizzazione del territorio, un’autentica asta a chi offre di più. Urge l’intervento di stato e regione.

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Il Mar Morto sta morendo

Un bacino lacustre più che un vero e proprio mare, che sorge nel punto più basso della terra, a 400 metri sotto il livello del mare. Deve il suo nome all’altissimo tasso di salinità dell’acqua, circa il 34% (dieci volte maggiore del Mar Adriatico, giusto per dare un’idea), un valore che non permette il fiorire della vita al suo interno, fatta eccezione per alcuni microorganismi.

Fatto sta che il Mar Morto sta lentamente scomparendo e le cause sarebbero molteplici: si stima che negli ultimi millenni il bacino abbia perso tra i 100 ed i 200 metri di profondità, spiegabili ad esempio con le elevate temperature di questa regione (anche 45°C in estate) ed alle scarse precipitazioni. L’uomo non è certo esente da colpe: il fiume Giordano è la principale fonte di alimentazione del lago ed il crescente sfruttamento del corso d’acqua, al fine di irrigare i campi, ha di fatto ridotto l’afflusso nel bacino lacustre. I progetti per salvarlo ci sono, i fondi cominciano ad arrivare: è giunta l’ora di mettersi all’opera.

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E la lista è ancora lunga, basti pensare agli iceberg dell’Artico e dell’Antartico, la foresta pluviale amazzonica, minacciati rispettivamente dai cambiamenti climatici e dalla deforestazione. Di questo passo, sarà necessaria la stesura di un nuovo articolo sull’argomento.

Foto: Alun Salt, Jesper2cv, rvw, Paul and Jill, Valerio “Dokka” D’Introno, nina loves israel / Flickr cc.

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