Pier Luigi Delvigo è un pensionato di 67 anni che ha appena concluso una grande impresa: attraversare a piedi l’immensa Russia da San Pietroburgo a Vladivostock in un viaggio a tappe durato 4 anni. liligo.com l’ha intervistato per voi.
1. Buongiorno sig. Delvigo e bentornato. Come nasce l’idea di questa impresa? Perchè proprio la Russia e perchè proprio a piedi?
L’idea non c’è mai stata a livello di progetto. E’ stato un susseguirsi di avvenimenti che mi hanno permesso di realizzare questa impresa. La corsa è sempre stata la mia passione. Ero un mezzofondista. Problemi muscolari mi impedivano di correre. Vedo in Internet il percorso di Compostela. Una settimana dopo sono a San-Jean-Pied-de-Port: 782 km in 21 giorni. Conosco la lingua russa e l’anno seguente faccio le capitali baltiche: 637 km in 23 giorni.
Difficile trovare da dormire ed in Lettonia compro la mia prima tenda a 63 anni. L’anno seguente penso che potrei fare San Pietroburgo – Mosca, circa 700 km. Se ci sono problemi vado in Finlandia. Parto da Tallin dove avevo iniziato le capitali baltiche. Passo il confine ad Ivangorod e rapidamente mi ritrovo a San Pietroburgo.

Proseguo per la capitale russa ed arrivo sulla Piazza Rossa senza problemi. Il visto era di tre mesi. Che faccio? Proseguo finchè il visto me lo permette. Mi ritrovo in Asia, ad Ekaterinburg : 3.100 km in 87 giorni, in media 35 km al giorno. L’anno dopo penso al famoso lago Baikal.

Mi accorgo che vado come un treno : media di 44,5 km al giorno, senza un giorno di sosta. 3.825 km in 86 giorni. Ora comincio a pensare veramente alla traversata della Russia. L’anno seguente, dopo 1.569 km in 36 giorni, devo abbandonare per un’infiammazione muscolare. Finisco quest’anno con 2.182 km in 70 giorni.

2. Com’è stata presa a casa sua la decisione di compiere questo viaggio?
Tutti mi dicevano di non andare in Russia perchè è pericoloso. A casa erano in ansia, ma si sono presto rassegnati perchè sanno che non avrei rinunciato a queste passeggiate solitarie. Il rischio è stato ponderato poichè con la traversata dei Paesi Baltici, dove vivono molti russi, ho potuto valutare i rischio a cui andavo incontro.
Può darsi che la mia incoscenza sia stata accompagnata da tanta fortuna. In un anno passato in Russia nessuno mi ha mai offeso o molestato. Avevo messo in preventivo che un balordo si può sempre trovare, ma questo può succedere in qualsiasi parte del mondo, Comunque per tranquillizzare la famiglia, ogni mattina, notte in Italia, uno squillo di telefono annunciava che ero vivo.
3. Quanti chilometri percorreva giornalmente? Serve una preparazione fisica e mentale particolare per affrontare una sfida del genere?
Ho iniziato con una media di 35 km al giorno il primo anno. Il secondo anno sono salito a 44,5 di media con punte di 48-49 km al giorno: 15 ore in strada. Durante l’anno io non faccio nessuna preparazione specifica. Ogni domenica cammino per 10 km in 90-100 minuti. Pensavo che dato il lungo periodo non fosse necessario un pre-allenamento. I primi due anni, prima della partenza ho fatto diverse volte 30-40 km, ma per provare le scarpe e testare il GPS e le batterie solari. Il terzo anno, nessuna camminata intensiva prima della partenza: questo mi ha procurato l’infiammazione muscolare da affaticamento.

Quest’anno, l’esperienza insegna, un mese prima ho fatto delle belle camminate come pre-allenamento e non ho avuto problemi muscolari. Altra cosa è la preparazione mentale. Io vengo da un’attività sportiva e come mezzofondista ero psicologicamente abituato ad allenamenti e gare in cui la sopportazione di fatica prolungata era la norma. Penso inoltre che questa mia esperienza sia stata facilitata dal cosidetto “fattore endorfina”. Ritengo sia vero che quando ci troviamo in situazioni critiche il nostro cervello produca morfina che innalza la soglia della sopportazione della fatica.
4. Lei camminava con una zaino di 30 kg sulle spalle. Cosa ha portato con sé?
Il minimo indispensabile per una passeggiata in solitario, preventivando nella peggiore delle ipotesi di marciare anche per 100 km, senza incontrare una casa. Niente è lasciato al caso o all’improvvisazione: ogni cosa è stata pesata al grammo. La differenza la facevano i 6-7 litri di acqua e succhi di frutta, quando dovevo affrontare lunghe distanze senza possibilità di rifornimento.

5. Che tipo di Russia ha trovato? Quali differenze ha trovato all’interno di questo immenso Paese?
Ho dovuto spiegare ai russi di Vladivostock che prima degli Urali nelle strade venivano venduti sassi naturali. Non ci credevano. Poi ho mostrato loro le foto. Da San Pietroburgo agli Urali trovare un sasso è come cercare un brillante: solo terra, sempre terra, tutto pianeggiante. Difficile è capire la direzione dei fiumi. E’ un paese in forte sviluppo edilizio nelle grandi aree urbane. Nelle aree periferiche delle grandi citta tanti grandi magazzini edili. Nell’autostrada tra San Pietroburgo e Mosca ho contato un flusso di 50 Tir al minuto. Hanno una flotta di Tir eccezionali, tutti nuovi e potenti : peccato che la Fiat non abbia colto la potenzialità di questo mercato occupato da tedeschi, americani, svedesi e giapponesi. Di Fiat Iveco ne vedevo uno o due al giorno. A questo sviluppo nelle grandi città si contrappone la povertà ed il degrado dei piccoli villaggi, sopratutto quelli lontani dai grandi centri abitati.

6. Che idea si è fatto in particolare della Siberia?
“Ti mando in Siberia” è un motto da accantonare. In questi spazi immensi sorgeranno le città del futuro. Per i siberiani i 3-4 mesi a meno 30°- 50° sono la normalità. Si arrabbiano quando sentono che i moscoviti a -.30 non vanno a lavorare. La vita nei villaggi è ad un livello molto basso. La perestrojka ha sciolto le vecchie strutture produttive agricole, i kolkhoz ed i sovkhoz, lasciando i contadini senza lavoro. Gli immensi campi sono coltivati, in parte, da grandi società con impiego di grandi trattori e poca manodopera. Questa trasformazione non ha fornito ai contadini nessuna offerta alternativa di lavoro.

Qui in Russia non è successo come da noi che la crisi dell’agricoltura è avvenuta in concomitanza dello sviluppo industriale ed i contadini si sono trasformati in operai. Qui i contadini disoccupati si sono trovati anche con la crisi industriale. Solo economia di soppravivenza. I giovani scappano ed i villaggi con le persone anziane, con case di legno senza manutenzione, sono destinati ad un declino inarrestabile. Le grandi città siberiane hanno un vistoso sviluppo edilizio con edifici con forme e colori piacevoli. Non più tetri casermoni sovietici.
7. Le è capitata qualche disavventura durante il viaggio? C’è stato un momento in cui si è detto “ma chi me l’ha fatto fare”?
Qualche momento di scoramento che poi rapidamente superavo. Quando si è da soli nelle difficoltà, si trovano sempre le energie per venirne fuori. Ad esempio una volta mi sono ritrovato con la tenda allagata di notte sotto il diluvio, tutto bagnato. Che fare? Trascino la tenda sull’acqua con zaino e vestiti dentro in un posto in salita e mi cambio con gli ultmi vestiti asciutti. Dormo un pò rannicchiato sul materassino ripiegato. Al mattino alle 9 c’è il sole. Sulla strada metto tutte le mie cose ad asciugare. Alle 11 sono di nuovo pronto per proseguire. Un altro giorno di pioggia sarebe stato un vero problema. O forse no.
8. Che tipo di accoglienza ha trovato in Russia? Quali sono stati i momenti più intensi di questa esperienza a livello umano?
Il popolo russo, soprattutto in Siberia è molto ospitale. Per loro ospitare a casa un forestiero incontrato per strada è una cosa normale. Aiutare un forestiero è quasi un obbligo. Gente che si fermava e mi diceva di cosa ho bisogno. Se non avevano l’acqua, che spesso io chiedevo, mi volevano dare dei soldi. Si mettevano la mano sul cuore e mi dicevano che dovevo accettarli. In un posto isolato incontro una donna in bicicletta. Chiedo informazioni e consigli su dove mettere la tenda. “Là, vicino al fiume, così ti potrai anche lavare”, mi dice. Accetto il consiglio. Era quasi notte ed improvvisamente sento chiamare. Era questa signora in bicicletta che era tornata con un pentolino di minestra calda. Una minestra calda ti fa bene. “Grazie, ma come faccio a mangiarla che non ho il cucchiao?”, chiedo io. Sale in bicicletta e dopo un pò ritorna col cucchiao e mi dice: “Lasciami il tutto vicino all’albero che domani riprenderò le mie cose”.
9. A livello paesaggistico, invece, quali sono i luoghi che l’hanno colpita di più?
La Siberia per la sua immensità. Noi, se ci guardiamo intorno, pensiamo dove andremo a costruire case tra una cinquantina di anni. Qui ci si rende conto di quanto sia piccola l’Italia.
10. Dal punto di vista turistico consiglierebbe di volare a Vladivostok o in un’altra località siberiana?
Consiglierei una settimana in Siberia con la tenda. Quando la soia è in fiore, il grano da mietere ed i campi di girasole in fiore al tromontare del sole ed al sorgere dell’alba.

Suggerisco di visitare Il lago Baikal . Le citta cominciano ad essere tutte eguali: Ikea, Metro, Castorama, Mac Donalds, Dechatlon.

11. Quale insegnamento pensa di aver tratto da questa impresa?
I pregiudizi sedimentati nel nostro cervello non solo condizionano i nostri ragionamenti, ma alterarno anche la percezione delle cose concrete che ci passano sotto gli occhi. Mi spiego. Nel 1990 sono andato a Leningrado in macchina dalla Finlandia. Fino al confine dell’Unione Sovietica è stato piacevole passare attraverso le foreste scandinave. Entrato in Unione Sovietica, subito passato il confine, queste foreste le ho subito sentite e viste tetre, cupe ed opprimenti. Eppure i pini e gli abeti erano gli stessi di qualche chilometro prima.

Ho dormito in Russia, da solo, in tenda centinaia di volte, non ho mai avuto paura. Le foreste, i boschi e gli alberi mi sono diventati famigliari. Una bella betulla, un pino o un abete, i nostri occhi dovrebbero vederli nello stesso modo, ma il nostro cervello condiziona anche la percezione dei nostri sensi. La solitudine attraverso centinaia di km di foreste e l’immensità della Siberia ti permettono di fare una deframmentazione del cervello e di dare a ogni tuo pensiero una più giusta valutazione perchè lontano dai condizonamenti, consci ed inconsci, che subiamo nel vivere quotidiano della nostra vita sociale.
12. L’ultima parte del suo viaggio aveva anche un secondo fine: cercare le tracce di un cimitero russo che conserva le spoglie di quasi 300 alpini italiani. Ha trovato qualcosa d’interessante?
Importante è stato trovare, oltre all’elenco dei deceduti già in possesso delle autorità italiane, la pianta del cimitero che si trova ad Arsk. In questa pianta, con tanto di timbro, si certifica che i deceduti nell’Ospedale n° 3655 di Arsk sono sepolti in questo cimitero. Finora, a quanto mi risulta, a chi chiedeva dove era sepolto il congiunto deceduto nell’Ospedale 3655 di Arsk, veniva data dalle autorità italiane la seguente risposta: luogo sconosciuto. Nel citato cimitero, chiamato Cimitero dei tedeschi, vi sono due lapidi, una tedesca ed una ungherese. Qui sono sepolti 295 italiani e nessuna autorita italiana è mai stata in questo luogo. Ho fotografato il cimitero e gli edifici, ospedale, scuola e mensa, in cui vi furono gli italiani prigionieri. Ho rintracciato vecchie fotografie di questi edifici. Sarebbe opportuno che, finalmente, le competenti autorità deponessero una lapide nel cimitero a memoria degli alpini là deceduti. Ho cominciato a postare parte dei documenti su Facebook nel gruppo “ARMIR, sulle tracce di un esercito perduto“. Seguirà tutta la documentazione in mio possesso.
13. Quali sono i 3 aggettivi con cui descriverebbe il lungo viaggio appena concluso?
Impensabile. Solitario. Rigenerativo.

Cosa ne pensate della grande impresa del sig. Delvigo?
Il Sig. Delvigo e un grande!!!! complimenti a lui,,,,,,
Complimenti. Io un po’ più comodo ho preferito con l’auto. Era il 75, con età 27 anni. Pure io da solo.
Torino New Dheli e ritorno. Passato pure dai budda di Bamyan. Un paio di mesi. Per me un viaggio da mille e una notte. Ogni giorno sempre e solo il piacere di andare, senza la fatica del rientro.
Complimenti anche a Lei per il suo bel viaggio di tanti anni fa!